Il comune di Brindisi di Montagna, situato in provincia di Potenza, si estende da sud a nord, da S. Vincenzo a S. Giacomo, raggiungendo un'altitudine di 800 metri sul livello del mare, con il Castello Fittipaldi-Antinori che si eleva a circa 850 metri. Le origini del paese sono antiche, con insediamenti risalenti al III millennio a.C. e reperti archeologici conservati al Museo Provinciale di Potenza. L'etimologia del toponimo rimanda al messapico, con il significato di "testa di cervo". Brindisi di Montagna fu tassato nel 1277 per 136 "fuochi", ma non appare più nelle tassazioni successive al 1320.
La convinzione che il paese fosse stato distrutto dal terremoto del 1456 è un errore storico: studi recenti hanno ridimensionato l'estensione e l'impatto del terremoto. È più probabile che il terremoto dell'8 settembre 1694 abbia avuto maggiore rilevanza per la comunità. A metà del Cinquecento, Brindisi di Montagna fu rifondata da una colonia di greco-albanesi provenienti da Corone, che si stabilirono alle pendici del castello.
La storia del paese è legata al Feudo di Brindisi fino al 1807, e successivamente agli eventi del periodo napoleonico, dell'Unità d'Italia e dell'Italia post-unitaria. La comunità ha affrontato pestilenze, terremoti, carestie, emigrazione e contributi bellici, ma ha anche vissuto momenti di crescita e sviluppo economico, civile e culturale. Brindisi di Montagna ha una storia ricca e variegata, influenzata anche dalle sue origini greco-albanesi. I Greco-Albanesi, anche noti come Arbëreshë, giunsero in Italia in seguito all'occupazione ottomana dei Balcani. In cerca di un rifugio sicuro, molte famiglie abbandonarono la loro terra natia per stabilirsi in diverse regioni del sud Italia, tra cui la Basilicata. Nel 1536, l'insediamento di 30 famiglie riportò vita nelle terre abbandonate. Nonostante i privilegi concessi, i greco-albanesi dovettero lavorare duramente per ricostituire la comunità, affrontando sfide linguistiche, culturali e religiose. Nel 1595, in un "publico parlamento", i capi famiglia decisero di costruire la Chiesa Madre dedicata a San Nicola, completata nel 1627, e una cappella dedicata a Santa Maria Mater Misericordiae, oggi Chiesa di Maria SS. delle Grazie. Il processo di integrazione si concluse nel XVIII secolo. Nel Catasto Onciario (1736-1740), la popolazione arbëreshë si era ridotta a un terzo del totale, e oggi rimangono poche tracce della loro cultura e lingua, se non altro in alcune tradizioni, cibi, costumi e feste locali.